Giuseppe Andrea Albani (1830-1834)
Tratto dal Dizionario Biografico degli Italiani, 1, pp. 607-609 edito dall’Istituto della Enciclopedia Italiana.
Nato a Roma il 13 sett. 1750 da Orazio, principe di Soriano, e da donna Marianna Cybo Malaspina, compì i suoi studi a Siena. Iniziata la carriera ecclesiastica, divenne sotto Clemente XIV prelato domestico, poi con Pio VI chierico e uditore di Camera (1787). Inviato a Vienna, nel 1794, per una missione particolare, restò nella capitale asburgica diversi anni. La S. Sede, pressata dalle dure proposte di pace del Bonaparte, incaricò l’A. di trattare con l’imperatore d’Austria una stretta alleanza, e di ottenere garanzie e appoggi per lo Stato pontificio. Nel 1798, quando Pio VI fu costretto a lasciare Roma e a rifugiarsi in Toscana, l’A. si adoperò, ma invano, perché il papa fosse accolto in qualcuno dei territori imperiali. Nominato cardinale diacono da Pio VII, il 23 febbr. 1801, del titolo di S. Eustachio, mutato poi in quello di S. Maria in Via Lata, ritornò in Italia. Durante il periodo napoleonico, l’A. fu costretto a trasferirsi in Francia, ma fu, poi, tra i cardinali che finirono per presenziare alle nuove nozze di Napoleone con Maria Luisa. Cessata la dominazione napoleonica e iniziato, con la Restaurazione, il riordinamento dello Stato pontificio, Pio VII lo nominò direttore dell’Annona e della congregazione delle Acque e dei Lavori pubblici (1815).
Nel corso del conclave apertosi nel 1823 alla morte di Pio VII, l’A. si schierò con il partito dei cosidetti cardinali «politici», favorevoli a riforme dello Stato pontificio, contro il partito dei cardinali conservatori, i cosiddetti «zelanti»: l’A. appoggiò energicamente la candidatura del Consalvi contro il candidato di questi ultimi, cardinale Severoli. Quando vide, però, che, nonostante la sua azione, questi stava allargando pericolosamente la sua maggioranza, presentò a nome dell’Austria formale e diretta opposizione all’elezione del Severoli. Eletto papa un altro cardinale zelante, il Della Genga, col nome di Leone XII, l’A. ricoprì, durante il pontificato di questo, varie cariche: fu prosegretario dei Brevi (1824), giudice delle Controversie di acque e argini della provincia di Bologna e incaricato di una missione straordinaria presso l’imperatore Francesco I a Milano. Il conclave, riunitosi nel 1829 alla morte di Leone XII, vide l’A. svolgere una vigorosa azione per contrastare l’elezione del cardinale zelante De Gregorio. Chateaubriand, ambasciatore francese a Roma, che riteneva l’A. una longa manus dell’Austria, temette addirittura che egli potesse essere eletto pontefice, dato l’equilibrio assai incerto delle forze in contrasto.
Venne eletto, invece, il cardinale Castiglioni, anch’egli proveniente, come l’A., dalla corrente del Consalvi. Il nuovo papa Pio VIII chiamò subito l’A. alla Segreteria di stato, nonostante le opposizioni e le proteste della Francia, che giunsero fino alle dimissioni di Chateaubriand da ambasciatore.
Ma la politica che seguì l’A. non giustificò i timori della Francia: egli, infatti, non sacrificò gli interessi della Chiesa e delle altre potenze a quelli dell’Austria e dette avvio a un indirizzo politico d’illuminato moderatismo. Diversi atti compiuti dall’A. durante il periodo in cui resse la Segreteria di stato (1829‑1831) confermano questo orientamento. Ai cattolici belgi, che si erano uniti ai liberali per combattere Guglielmo I, l’A. suggerì come più opportuna e vantaggiosa la via delle soluzioni diplomatiche, anziché quella dell’opposizione diretta; quando sorse poi il problema del riconoscimento del regime di Luigi Filippo in Francia, l’A., in contrasto ancora una volta con gli zelanti, sostenne la tesi che fosse necessario normalizzare al più presto le relazioni diplomatiche con la Francia riconoscendo la monarchia orleanista.
Nel nuovo conclave riunitosi alla morte di Pio VIII (novembre 1830), l’A. capeggiò ancora una volta il partito dei politici, il cui candidato era il cardinale Pacca, contro il partito degli zelanti, sostenitori del cardinale De Gregorio. Eletto poi, il 2 febbr. 1831, un terzo candidato, il cardinale Cappellari, questi sostituì subito alla Segreteria di stato l’A. con il Bernetti. Scoppiati i moti rivoluzionari a Bologna e in altre province dello Stato pontificio e, dopo l’intervento delle truppe austriache, essendo di nuovo ricominciati i disordini, il papa Gregorio XVI inviò come commissario straordinario nelle Legazioni l’A. (dicembre 1831). Il Metternich, che mirava, soprattutto, a evitare un nuovo intervento austriaco nello Stato pontificio, che ne avrebbe portato con sé, con tutta probabilità, uno francese, cercò di spingere il governo pontificio a concedere alcune moderate riforme che pensava potessero allontanare lo spettro della rivoluzione e rafforzare il dominio papale: a tal fine egli inviò, ai primissimi del gennaio 1832, il barone Marschall, col compito di affiancare l’A. nell’opera di pacificazione che si sarebbe dovuta intraprendere appena ultimate le operazioni belliche. Procedendo queste con lentezza e difficoltà, l’A., consigliato in tal senso anche dal Marschall, chiese un nuovo intervento delle truppe austriache (22 febbr. 1832). Il Metternich, assai contrariato per quanto era accaduto e che egli attribuiva all’incapacità delle autorità pontificie, inviò come nuovo consigliere all’A., G. M. Sebregondi ; ma l’A. non mostrò di gradire affatto l’opera di questo, che fu da lui lasciato costantemente in disparte. L’A., nel frattempo, perseguiva una politica che metteva in primo piano il ristabilimento dell’ordine attraverso una serie di misure repressive: istituì così un tribunale statario con poteri assai ampi, bandì un prestito forzoso, stabilendo egli stesso la quota che ciascuno avrebbe dovuto pagare, sciolse numerosi consigli comunali eletti in base all’editto del 5 luglio 1831. Metternich, allora, sempre più preoccupato degli impolitici provvedimenti dell’A., si rivolse direttamente a Roma per ottenere la rimozione del cardinale, la ricostituzione dei consigli comunali e la costituzione di quelli provinciali. Di fronte a queste richieste, il papa resistette a lungo, infine convinse l’A., dopo non facili tentativi, a rinunziare all’incarico. L’A. accettò di reggere la Legazione di Pesaro, dove rimase fino alla morte, che avvenne il 3 dic. 1834.
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