L’Archivio
L’Archivio Apostolico Vaticano svolge la propria specifica attività di custodia e valorizzazione degli atti e dei documenti che riguardano il governo della Chiesa universale, offrendo un servizio principalmente al Romano Pontefice e alla Santa Sede e, in seconda istanza, agli studiosi, senza distinzione di paese e religione.
L’attuale denominazione «Archivio Apostolico Vaticano» risale all’epoca della fondazione di questo istituto per iniziativa di Paolo V. A partire dalla metà del Seicento, tuttavia, s’impose il titolo «Archivio Segreto Vaticano» (talora attestato anche nella forma « Archivio Segreto Apostolico Vaticano») che sottolineava la particolare natura di questo complesso documentario, costituito dalla concentrazione in un solo luogo di diversi archivi prodotti da altrettanti uffici curiali: l’aggettivo latino secretum (da secernere = separare, distinguere, riservare) qualificava infatti l’archivio fondato da Paolo V come separato dagli altri e riservato all’uso del pontefice e dei funzionari da lui nominati. Tale denominazione ha costituito il titolo ufficiale di questo istituto fino al 22 ottobre 2019, quando papa Francesco con la lettera apostolica in forma di motu proprio L’esperienza storica ha ripristinato l’antico nome «Archivio Apostolico Vaticano».
Il patrimonio documentario conservato nei suoi vasti depositi copre un arco cronologico di circa dodici secoli (secc. VIII-XX), è costituito da oltre 600 fondi archivistici e si estende per 85 km lineari di scaffalature, collocate, fra l’altro, nel Bunker, un locale su due piani, ricavato nel sottosuolo del Cortile della Pigna dei Musei Vaticani.
Da quando papa Leone XIII, nel lontano 1881, ne aprì le porte agli studiosi, l’Archivio Apostolico Vaticano è divenuto un centro di ricerche storiche fra i più importanti e celebri al mondo.
Secondo una prassi invalsa a partire dal 1924, il papa concede il libero accesso ai documenti «per pontificati»: attualmente il limite cronologico di consultabilità è posto alla fine del pontificato di Pio XII (ottobre 1958). Nondimeno, in deroga a questa consuetudine, Paolo VI, fin dalla chiusura dei lavori conciliari nel 1965, rese accessibile agli studiosi l’Archivio del Concilio Vaticano II (1962-1965); inoltre è stato messo a disposizione dei ricercatori il fondo Commissione Centrale per l’Arte Sacra in Italia (1924-1989).